La vera riforma urgentissima del sistema sanitario sardo è quella che consente di passere dall’attuale sistema centrato sugli Ospedali ad un nuovo sistema centrato sul paziente.
La prima volta che in un convegno ho presentato Stefano Quintarelli, allora mio collega parlamentare e “guru” dell’informatica, l’avevo definito un “fuoriclasse delle nuove tecnologie”. Garbatamente mi aveva corretto: “Io mi intendo di tecnologie e basta. Sono “nuove” soltanto per chi non le sa usare e cerca un alibi per la sua incapacità”. Credo che oggi lo stesso approccio valga in Sardegna per la sanità digitale e per la telemedicina. Se pensassimo di parlare della “sanità del futuro” commetteremmo un errore grave. La sanità digitale è la “sanità del presente” e la Sardegna rischia come sempre di arrivarci dieci anni dopo, facendo un danno immenso alla qualità dell’assistenza ai sardi. Parlo del fascicolo sanitario elettronico (FSE) con tutte le informazioni del paziente, della cartella elettronica (CE), della prenotazione e del pagamento delle visite via web, della rete delle farmacie cliniche e dei servizi che da noi avanzano troppo faticosamente.
Ma so bene che la vera frontiera per la Sardegna è quella della Telemedicina che consente di visitare il paziente da remoto (televisita), consente la consulenza congiunta di più medici (teleconsulto), consente la assistenza nel corso di procedure terapeutiche (telecooperazione) e soprattutto la rilevazione a distanza dei parametri biologici dei pazienti (telemonitoraggio).
Lo ripeto sino alla nausea: non è il futuro, è il nostro presente! Già oggi, attraverso il nostro smart watch o altri semplici devices, è possibile rilevare a distanza la frequenza cardiaca e respiratoria, la pressione arteriosa, la saturazione di ossigeno, il peso corporeo. Ma è possibile anche inviare il proprio elettrocardiogramma allo specialista di fiducia, misurare la glicemia, valutare l’aderenza terapeutica, controllare con attività di coaching a distanza gli stili di vita, l’attività fisica, il consumo di calorie. I devices in comunicazione tra loro attraverso l’internet delle cose (IOT) e il ricorso all’intelligenza artificiale (AI), come supporto all’attività sanitaria consentono un incredibile salto di qualità nell’assistenza.
E’ la vera rivoluzione nella gestione del paziente cronico, che non deve più spostarsi alla ricerca dell’Ospedale di prossimità, ma viene monitorato a casa propria da un sistema di “allarmi” sotto il controllo dello specialista che può persino inviare il 118 a domicilio, senza che sia chiamato dal paziente. Cambierebbe così la filosofia del nostro sistema che, gestendo il paziente “a casa”, restituirebbe all’ospedale la sua vera funzione di presidio per acuti e eliminerebbe le code al Pronto Soccorso, oggi impensabili in tempi di Covid.
Per la Sardegna, la Telemedicina è l’abito di sartoria che veste in modo perfetto le nostre necessità. Lo abbiamo a lungo cercato: la nostra Isola ha uno dei territori più grandi d’Italia (oltre 24.000 chilometri quadrati), ha una densità di popolazione tra le più basse d’Italia (appena 67 abitanti per kmq), con una dispersione della popolazione che è ben fotografata dai nostri 120 comuni sotto i mille abitanti. Non abbiamo rete ferroviaria degna di tal nome e la nostra rete stradale è piena di criticità. Per tante altre regioni italiane, la sanità digitale è un’opportunità. Per noi invece è una necessità urgente che saremmo matti a non cogliere al volo. All’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, all’Humanitas, ma anche all’Ospedale pubblico Sacco è normale che il paziente possa prenotare una televisita o un teleconsulto. Da noi, non si può ancora. Eppure, già oggi, in tutta la Sardegna ci sono decine, forse centinaia, di sperimentazioni di attività di sanità digitale, che nessuno conosce nel dettaglio, che non fanno rete tra loro, che non hanno un quadro normativo regionale di riferimento e di garanzia. Possiamo permettercelo? Non credo! Bisogna fare in fretta! Non c’è un istante da perdere!
E’ per questo che i Riformatori chiedono l’immediata istituzione di un’Agenzia per la Sanità digitale, che predisponga il Piano Sanitario digitale triennale per la Sardegna, dotato di adeguate risorse finanziarie e proponga all’approvazione della Giunta veri e propri Livelli Essenziali di Assistenza Digitale, con uno specifico Nomenclatore sanitario digitale che ne consenta la tariffazione. La tragedia del Covid ci mette di fronte alle nostre responsabilità e ci indica la strada da seguire immediatamente! L’epidemia, da cui non sappiamo quando e come usciremo, ha dimostrato il disastro degli ospedali quando esercitano un ruolo che non è il loro, nella debolezza del territorio. Oggi, in Sardegna, le misure di sicurezza anticovid rendono ancora difficilissimo persino l’ingresso all’interno degli Ospedali. Senza le opportunità della sanità digitale, i sardi si accorgeranno prestissimo, sulla propria pelle, di quanto sia limitato il loro attuale diritto di accesso alle prestazioni sanitarie. Per il Covid, arriveranno importanti fondi europei per la nostra sanità: dobbiamo usarli per rafforzare la presenza dei medici nel territorio e l’eccellenza negli ospedali, ma non dimentichiamo neppure per un attimo che a noi sardi serve “cambiare il modello dell’assistenza”, facendolo diventare “patient centered”. Bisogna partire subito con la sanità digitale! Non dobbiamo sprecare tempo!
Alla politica sarda spetta dunque una mission che sembra impossibile: quella di “ragionare insieme”. Soltanto superando le divisioni di parte è possibile disegnare il ruolo della sanità digitale in Sardegna, che tracci una strada maestra che deve durare ben più di una maggioranza e di una legislatura consiliare.