Mara Damiani, dalla Disney alla tradizione sarda che diventa design_di Luca Neri

La prima necessità dell’uomo è il superfluo, diceva Einstein, nascondendo in una frase il mistero dell’incoercibile ed improcrastinabile desiderio d’arte che da sempre ha travolto il genere umano. Eppure per qualcuno questo slancio creativo, questa naturale ed insopprimibile propensione all’arte è quasi presupposta, innata, presente da sempre ed assolutamente invincibile. È il caso di Mara Damiani, artista cagliaritana che da anni collabora con The Walt Disney Company, in un mondo fantastico che ha saputo far diventare un po’ suo e che anche oggi, nei giorni tristi della pandemia Covid19, può aiutare tanto: “L’arte può salvare da momenti difficili come questo. Certo non è semplice, e infatti il settore grafico oggi vive una grossa difficoltà: le persone in questo periodo si interessano poco a situazioni che possono risultare frivole o superflue”.

Eppure la quarantena non ha pesato più di tanto nelle giornate di Mara: “Nella mia vita sono stata abituata a vivere a lungo dentro casa per via del mio lavoro, anche se certamente un conto è scegliere di restarci, un altro è doverlo fare”. Un lavoro fatto di ricerca e studio, che l’ha portata a partire giovanissima, 17enne, alla volta di Firenze, per studiare architettura presso l’Accademia di Belle Arti: “Ben presto ho capito non essere la mia strada, per questo un anno dopo ho intrapreso il percorso della pittura, andando a studiare a Milano, all’Accademia di Brera”.

Il percorso Disney inizia poco dopo la conclusione degli studi, quando una giovane pittrice si affaccia ad un mondo che stava cambiando sotto i colpi dell’informatica, fondamentale per le illustrazioni dei personaggi. Per Mara Damiani il passaggio dai pennelli alla tavoletta grafica rappresenterà infatti una sorta di trauma: “Provenivo da una famiglia in cui sia mio padre che mio fratello erano ingegneri informatici, e per riflesso avevo sviluppato una forma di repulsione per il PC. Ma col tempo ho iniziato ad avere un approccio differente, pensando come se stessi dipingendo, ma al computer, come se fosse semplicemente una tavolozza diversa”.

È questo passaggio mentale, probabilmente, a segnare la consacrazione dell’artista, con una carriera che prende forma dal free-lancing al licensing (il mondo delle marche che lavorano coi prodotti Disney, che necessariamente devono rivolgersi agli illustratori professionisti come lei), sino a sviluppare un proprio brand per arrivare a raccontare e raccontarsi.  Una narrazione che non poteva che passare dal legame per la propria terra in una simbiosi che, nonostante un accento che tradisce una vita trascorsa oltremare, l’ha portata a voler mettere la propria arte a disposizione della Sardegna. E infatti sette anni fa, col suo ritorno nell’isola, Mara ha dato il via ad una meticolosa ricerca sul territorio che l’ha condotta a lavori di assoluto spessore come il libro “Carrasecare design”, dove tramite il design ha raccontato le maschere della tradizione carnascialesca sarda, o come quando quest’anno ha illustrato in un modo assolutamente innovativo la processione di Sant’Efisio: “È un lavoro complesso, perché quando si vanno a toccare le tradizioni bisogna stare molto attenti. Non si può sbagliare nulla, e per questo una settimana di lavoro è preceduta da un anno di ricerca e confronti. Bisogna riuscire ad individuare quei dettagli più caratterizzanti, quelli fondamentali per identificare”. 

Eppure la scelta di calcare le radici della tradizione sarda non è casuale: “Deriva da un’esperienza di dieci anni fa, quando avevo assistito ad una mostra di Costantino Nivola. In quell’occasione mi capitò di acquistare una monografia, inserita in una busta recante disegni di quella che si sarebbe rivelata una delle mie principali fonti di ispirazione: Eugenio Tavolara, un artista degli anni ’30 che trovo incredibilmente moderno”.

E forse grazie a Tavolara la Sardegna ha potuto godere delle creazioni di uno dei suoi talenti più geniali, messo a disposizione dell’artigianato isolano e delle tradizioni sarde, che grazie alle idee di Mara Damiani si sono riscoperte insospettabilmente cool.

Vedi anche

Arbus, il Museo Antonio Corda_di Tarcisio Agus

Il comune minerario di Arbus, dopo il crollo delle miniere tenta una nuova economia puntando  …