Prologo Quando il Direttore della rivista mi ha chiesto di scrivere questo pezzo, pur lusingato ho avuto un momento di panico, perché non mi piace scrivere e raccontare del mio lavoro, sia quello che appartiene alle attività di ricerca che, ancor di più, quello riguardante la didattica che, per me, è un momento di intimità con gli studenti che frequentano i corsi e ai quali tengo molto in termini di riservatezza, pur nella natura pubblica delle lezioni e degli esami. Alla fine, ho accettato di raccontare questa esperienza anche se non so perché, forse nella speranza che qualcuno possa trarne una qualche utilità ma, onestamente, non ne sono sicuro perché ogni docente instaura con i propri studenti un rapporto unico e irripetibile, non replicabile in alcun modo.
Febbraio 2020 Era il 24 febbraio quando ho iniziato il corso magistrale di Marketing e Comunicazione nell’aula situata presso il teatro dell’ex Istituto dei ciechi in via Aurelio Nicolodi. Il giorno erano presenti poco più di una trentina di studenti, esattamente quanti me ne aspettavo. Ad essi mi sono presentato, come faccio ogni inizio di corso, ho illustrato il programma e, soprattutto, le modalità con cui avrei voluto svolgere il corso. Pur conoscendo diversi studenti presenti, poiché provenienti dai corsi triennali di Economia e Gestione Aziendale e di Economia e Gestione dei Servizi Turistici, non ero certo che la proposta che facevo potesse trovare accoglimento da parte degli studenti, anche perché nella sostanza chiedevo loro un coinvolgimento diretto in ogni lezione, dal momento che se la comunicazione era l’elemento fondamentale del corso avrebbe avuto veramente poco senso se a comunicare fossi stato solo io. È così che, per dare l’esempio, proposi loro il primo degli argomenti del testo consigliato per la preparazione dell’esame, in modo da far vedere in che modo intendevo il loro coinvolgimento diretto. Allora, di Covid-19 si sentiva parlare nelle cronache ma ancora il fenomeno appariva circoscritto e nessuno avrebbe immaginato cosa sarebbe successo poco tempo dopo.
Marzo 2020 e la sospensione delle lezioni Dopo la prima settimana, volata via liscia con le prime sei lezioni in cui due degli studenti frequentanti si erano già messi in gioco presentando loro stessi e in modo efficace i risultati del loro lavoro di preparazione delle due lezioni successive, si arriva al 3 marzo con il prosieguo del programma che iniziava a prendere forma, anche grazie alla predisposizione di un calendario di presentazione dei diversi argomenti e l’attribuzione a diversi gruppi di studenti dei compiti per la preparazione degli stessi.
Gli studenti erano entrati perfettamente nello spirito che avevo voluto proporre e questo mi era di gratificazione perché non sai mai come essi reagiscono di fronte alle novità. Inoltre, al fine di mantenere con essi un rapporto continuo, anche oltre l’orario della lezione, proposi loro di entrare in una piattaforma digitale informale nella quale ogni studente poteva proporre domande, postare temi di approfondimento in linea con le discussioni in aula, interagire rapidamente tra essi e con me. In pratica è come se avessimo costruito insieme un’aula sempre aperta dove il rapporto didattico si sviluppava ben oltre il momento istituzionale formale.
In quella settimana Covid-19 cominciava a spaventare un po’ di più e iniziava a farsi strada il timore che da un giorno all’altro si dovesse chiudere tutto. In ogni caso arrivammo al mercoledì 5 marzo senza problemi ma nel salutare gli studenti dissi “speriamo di vederci la prossima settimana”. Così non fu visto che il 10 marzo tutte le lezioni vennero interrotte.
A quel punto, nella piattaforma digitale ci si interrogava su cosa sarebbe successo e, considerato che l’Ateneo stava organizzandosi per garantire il prosieguo delle lezioni in modalità a distanza, le preoccupazioni circa il percorso avviato erano molte, soprattutto da parte mia, ma poi ho scoperto che anche gli studenti avevano lo stesso timore.
Timore di che, e perché? Semplice, la lezione è un rapporto relazionale, non una recita teatrale con un soggetto attivo e gli altri che passivamente vengono eruditi da chi ne sa più di loro. Io ho adottato sempre un rapporto basato sull’arte della maieutica e non un approccio fondato sulla semiotica: non ho mai pensato che il mio ruolo fosse solo quello di trasferire conoscenze ma quello di tirar fuori dagli studenti il meglio che c’è dentro di essi, coinvolgendoli sempre attivamente. Non a caso nella prima lezione di ogni corso dico loro che la lezione la facciamo in due, loro e me. Non potrebbe essere diversamente, per me la didattica è una preziosa occasione di incontro, di confronto di idee, di apprendimento reciproco, fondata sulle parole ma anche sulle espressioni, sugli sguardi, sulla cosiddetta comunicazione verbale e non verbale. Immaginatevi cosa potesse significare perdere la “fisicità” di quella relazione passando all’online.
In quelle settimane di interruzione l’Ateneo ha però dato il meglio di sé consentendo in appena due settimane di risolvere l’aspetto tecnico trasferendo i corsi in modalità a distanza. Non solo, ma per effetto di questa situazione è stato ridefinito tutto il calendario accademico, onde per cui io che avrei dovuto iniziare un altro corso alla fine di aprile mi sono ritrovato nel breve volgere di un paio di giorni a doverne iniziare un altro (Marketing Operativo), del tutto nuovo e con materiale predisposto per le lezioni in presenza. È così che in fretta e furia ho dovuto riconvertire tutto il materiale per le lezioni online e con un handicap in più: non avevo la più pallida idea di chi mi sarei trovato dall’altra parte dello schermo del pc.
Il 23 marzo riprendono le lezioni Lunedì 23 marzo, alle ore 9.30 ho iniziato il corso di Marketing Operativo. Non vi nascondo il timore perché in aula sono abituato a guardare gli studenti negli occhi per avere un feedback immediato se ciò che dico piace, annoia, è capito, ecc. Qui l’unico strumento di verifica era la chat nella quale ogni studente poteva intervenire e, astrattamente, se loro lo avessero voluto, il microfono e la videocamera. Inutile dire che la videocamera non è mai stata utilizzata e il microfono forse un paio di volte. Nella chat, però, hanno scritto in diversi e quindi i feedback sono sempre arrivati, spesso dalle stesse persone ma non da tutti.
C’era poi il timore della stabilità della connessione cosa che, in effetti, nelle prime due settimane ha creato qualche problema, circostanza che mi ha così indotto a prendere un’altra decisione, quella di chiedere la disponibilità dell’aula virtuale per un numero di giorni superiore a quello programmato in modo da recuperare ogni minuto perduto in questi momenti.
Insomma, a questi studenti che non conoscevo, ho proposto il programma e il metodo che avrei seguito per lo svolgimento delle lezioni dando indicazione sui criteri di valutazione, sulle modalità di svolgimento dell’esame e ogni altro elemento utile perché potessero capire le mie aspettative verso di loro e si organizzassero di conseguenza. Alla fine, dopo un’ora e mezza circa (questo era lo slot di tempo assegnato per ogni lezione) ero stanco ma alla fine pensavo di essere riuscito a farmi capire. Chiaramente ho sempre tenuto aperta la videocamera così che essi potessero vedere contemporaneamente le slide che proiettavo e me.
Anche a questi studenti, per provare a ridurre il gap del totale anonimato (loro vedevano me ma io non vedevo loro), proposi di fare un gruppo informale nella stessa piattaforma utilizzata con la magistrale, invitando ciascuno di essi a mettere anche una foto così che potessi avere un minimo di riscontro sulle persone che frequentavano le lezioni. Nel contempo, la piattaforma mi serviva per fare lo stesso lavoro: proporre articoli, link, post di discussione e tentare anche con questi di mantenere l’aula sempre aperta, in cui attivare un dialogo continuo, almeno con chi avrebbe avuto piacere di accogliere la proposta. Il risultato è che molti hanno accettato l’invito a iscriversi (poco più di 130 studenti) e circa il 50% di essi ha accolto la richiesta di mettere la propria foto. In questo modo ho ridotto la pessima sensazione di parlare a un muro o, nel caso, al mio computer.
Lo stesso giorno ho ripreso anche le lezioni del corso magistrale, conservando per intero la modalità sperimentata prima della sospensione, con timori ancora più grandi. Ma cambiare, sinceramente, avrebbe significato snaturare totalmente l’investimento fatto inizialmente, seppure, qualora questo fosse avvenuto, ero sicuro che gli studenti avrebbero capito. Per fortuna, invece, in accordo con essi, avevamo concordato di non cambiare e, sinceramente, di questo li ho subito ringraziati. A beneficio di tutti gli studenti, anche per dare seguito all’invito del Magnifico Rettore, accettai di videoregistrare tutte le lezioni, pensando da subito che questo poteva essere di grande aiuto per tutti gli studenti e, segnatamente, per quelli lavoratori che in questo modo potevano guardarsi la lezione in modalità asincrona.
La fine delle lezioni e il primo bilancio Ho finito le lezioni nel mese di giugno, Marketing Operativo nella prima settimana e Marketing e Comunicazione nel corso della seconda. I programmi sono stati completati entrambi svolgendo anche gli approfondimenti programmati e in quello magistrale tutti gli studenti che avevano accettato di mettersi in gioco hanno avuto il loro spazio per presentare gli argomenti che avevano preparato. Dentro di me iniziavo a fare un bilancio di questa esperienza non voluta e non prevista, i cui punti di debolezza e i rischi mi erano chiari fin dal primo momento in cui la sospensione delle lezioni ha iniziato a diventare una ipotesi concreta. In quel momento, gli unici elementi di valutazione sono stati:
- I feedback della chat per il corso triennale;
- I commenti degli studenti della magistrale che, invece, avevano microfono sempre aperto e talvolta la videocamera.
Ebbene, in cuor mio pensavo che tutto sommato, nonostante le difficoltà, le cose non erano poi andate così male. In fondo gli studenti non mi devono nulla e se nelle chat manifestano apertamente segnali di soddisfazione è molto probabile che siano sinceri, tanto più che non potevo memorizzare i nomi e non potevo vedere i loro visi e le loro espressioni. In particolare, per l’ultima lezione del corso di Marketing Operativo, le esternazioni di soddisfazione verso il corso sono state talmente belle (e in qualche caso commoventi) che nel momento in cui rivedevo le lezioni per la pubblicazione, mentre fino ad allora avevo sempre eliminato il contenitore della chat, l’ultimo l’ho lasciato visibile, così che se un domani dovessi entrare in depressione la lettura di quelle parole sarebbero pe me una medicina miracolosa.
Le sessioni di esame e la sorpresa auspicata che diventava realtà Se i primi segnali di questa esperienza sono stati positivi, mi mancava la prova del nove: gli esami. Cosa sarebbe successo? Negli ultimi anni, benchè l’esame fosse diverso, la distribuzione di frequenza dei voti aveva il picco tra il 21 e il 24, mentre la percentuale degli studenti con voti alti rimaneva stabile intorno al 20%. Questo era un parametro di riferimento importante. Come inizio le interrogazioni, sempre in modalità a distanza, il principale problema era rappresentato dal fatto che non avevo il controllo visivo dell’ambiente in cui si svolgeva l’esame. La videocamera, infatti, spesso inquadrava solo il viso dello studente. Molti di loro, poi, usavano lo smartphone che quindi, era ancora più vicino al loro viso al punto da impedirmi di capire cosa accadesse intorno a loro.
Come avrei potuto avere la certezza che a rispondere alle domande fossero solo loro? Come potevo avere certezza che non leggessero, non avessero suggerimenti, ecc. tali da rendere l’esame poco serio o tale da invalidarlo? Siccome un po’ di esperienza ce l’ho, due erano gli strumenti a mia disposizione: il controllo visivo dei loro occhi e la velocità delle risposte. Non dovevo dare loro troppo tempo per pensarci perché a quel punto il mio dubbio sarebbe diventato ossessivo e non sarei stato sereno nel decidere il la valutazione.
Oggi, dopo la sessione di giugno e quella di luglio appena iniziata, posso dire che la preparazione degli studenti del corso triennale è stata stupefacente: è vero che l’esame è nuovo e che rispetto agli studenti degli anni precedenti, l’aver suddiviso un solo esame (quello di Marketing) in due (Marketing Strategico nel primo semestre e Marketing Operativo nel secondo semestre) ha permesso a noi docenti di sviluppare meglio gli argomenti, di approfondirli e di svolgerli senza fretta, dando poi loro il tempo di assimilarli meglio; resta però il fatto che la distribuzione di frequenza dei voti si è spostata in avanti e ora il picco è stato tra il 27 e il 28, con molti trenta e diverse lodi. Io non ho modificato il mio modo di interrogare e, se è avvenuto, è risultato più circostanziato, più approfondito, con molti riferimenti a casi pratici così da sollecitare l’associazione dei concetti alla soluzione dei problemi.
Per quanto riguarda invece gli studenti della magistrale posso dire altrettanto ma, onestamente, erano già stati valutati nel corso delle presentazioni che avevano fatto: li conoscevo meglio, tanto che ho potuto valutare come hanno organizzato le slide, gli approfondimenti e gli esempi non presenti nel libro, la capacità di rispondere alle domande dei loro colleghi, l’impostazione della voce, la fluidità delle presentazioni, la capacità di coinvolgere i loro colleghi, ecc. Insomma, per tutti questi, le differenze di voto sono state minime e, anche in questo caso, posizionate sulle fasce più alte della valutazione.
Un bilancio finale e un auspicio Considerato che come scritto in premessa per me la didattica è una missione volta a rendere lo studente protagonista, a fare in modo che maturi sviluppando non solo la conoscenza dei concetti e degli argomenti proposti, ma la sua capacità critica e di giudizio delle situazioni reali nella quali si può trovare quando concluderà il suo percorso universitario, io mi ritengo soddisfatto. La didattica a distanza, che pure mi ha fatto perdere tanto in termini di rapporto fisico con gli studenti, è stata per me una sfida. Ho cercato, fin da subito, di pensare come avrei potuto supplire a ciò che perdevo e che essi perdevano. Avrei potuto fare di più? Sicuramente c’è sempre da migliorare e io ho sempre pensato che si può fare di meglio. Tuttavia, di questa esperienza vorrei salvare alcune cose che spero possano diventare prassi nell’immediato futuro:
- Le lezioni dovrebbero essere erogate sempre in presenza ma garantendo anche l’erogazione online;
- Le lezioni dovrebbero essere sempre registrate, ciò per almeno due motivi: intanto perché in questo modo potrebbero aumentare le iscrizioni di chi lavora e posso dire che sono tante le persone che si iscriverebbero se avessero la possibilità di seguire le lezioni a distanza; in secondo luogo perché lo studente potrebbe in questo modo vedere e rivedere la lezione tante volte quante ne ha bisogno.
So bene che la registrazione non trova consenso unanime tra i colleghi ma siccome la disciplina che insegno ha come finalità ultima quella di “creare valore per tutti gli utenti” e non solo per chi eroga il servizio, a me interessa che lo studente impari e il mio ruolo è quello di favorire questo processo di apprendimento, non di proporgli un percorso a ostacoli. Tanto più che abbiamo bisogno di migliorare le performance in termini di numero di laureati, di qualità dei voti di laurea e possibilmente in tempi brevi e Dio solo sa quanto per la nostra Sardegna elevare questi indicatori sia fondamentale per risolvere tanti problemi che la attanagliano.
Per concludere, so bene che non per tutti questa esperienza della didattica a distanza è stata positiva, soprattutto nelle scuole superiori. Eppure, per me è stata una occasione importante per rivedere il mio modo di insegnare, di preparare i materiali, per utilizzare una piattaforma a me ignota, ecc. Ecco, anche io ho imparato qualcosa e quando imparo qualcosa mi sento sempre migliore di come mi sentivo un attimo prima.