La Bicocca, un’oasi di Sardegna nella Milano d’avanguardia_di Maggie S. Lorelli

Mi trovo a Milano, nel vivace quartiere Bicocca, nella periferia nord-orientale della città. Un polo di attrazione sempre più forte per gli amanti della cultura e dell’arte contemporanea grazie alla presenza di un campus universitario all’avanguardia e alla produzione artistica innovativa del Pirelli HangarBicocca. Cammino alla volta del Teatro degli Arcimboldi quando scorgo l’insegna Ristorante “La Bicocca”. Penso che darsi il nome dello stesso quartiere nel quale si opera sia indice di grande determinazione e coraggio: significa sentirsi sicuri di sé e pienamente radicati nella città. Entro. Inaspettatamente mi trovo invece all’interno di un ristorante sardo. L’ambiente è accogliente e luminoso, con ampie vetrate aperte sull’arioso viale Sarca. Alle pareti quadri che raffigurano il nuraghe Adoni di Villanova Tulo e i buoi dell’ogliastra e, seduto sul bancone con bonomia pacata, un nonnixeddu in ragas.

“La Bicocca” è un locale a gestione familiare dove l’esperienza dello chef Antonio Tatti, dietro i fornelli da più di 40 anni, unita alla cordialità della moglie Maddalena, sono ingredienti che fanno la differenza nel far sentire i clienti come a casa. E’ un momento difficile per il comparto della ristorazione, si devono chiudere i battenti alle 18, ma non ci si perde d’animo e si punta tutto sulla fascia pranzo, con tanto di augurio, stampato nel menù dai proprietari, “Feisi bonu prangiu”.

Un locale essenziale, pochi fronzoli e tutta sostanza, dove deliziosi primi preparati rigorosamente con pasta fresca di produzione propria e invitanti secondi piatti di mare con pesce fresco ogni giorno (degno di nota l’astice alla catalana) e di terra, con un’ottima selezione di carni pregiate, sono solo alcune delle specialità del ristorante.

Dopo un piatto di Cullurgiones con vongole e bottarga, con un delicatissimo ripieno di patate, formaggio, mentuccia e zafferano del Sarcidano, irrorato da un Cala Silente di Santadi del 2019, mi intrattengo a chiacchierare con Maddalena. Mi racconta che suo marito è originario di Samugheo, lei di Villanova Tulo. Si sono conosciuti per caso a Milano, presentati da amici comuni di origine sarda. “Ancora si usava riunirsi nelle case tra sardi”, ricorda la donna con nostalgia. 

Lui è a Milano per fare l’aiuto cuoco, lei invece, a soli 15 anni, figlia di genitori separati, ha fatto il gran salto per necessità economiche e, così giovane, grazie all’aiuto di alcuni zii, si guadagna da vivere facendo la donna delle pulizie. Si trova a disagio nella metropoli lombarda, si fa lunghi pianti, le mancano gli amici, la terra, “persino il bacio di mia madre la mattina appena sveglia”. Resiste sei mesi e scappa via, ma Antonio, che non ha dimenticato la giovane conterranea smarrita, se la va a riprendere in Sardegna e la riporta con sé a Milano. I due si sposano di lì a poco e a 18 anni Maddalena dà alla luce il primo di due figli. Dopo sei anni di apprendistato da chef, nel 1986 Antonio decide di fare il grande passo e acquistare il locale, che i due gestiscono insieme con ottimi riscontri da oltre 31 anni.

“All’inizio non c’era niente da queste parti – mi racconta Maddalena – a parte la Pirelli, ma pian piano il quartiere è diventato sempre più popoloso, e noi siamo stati da subito un riferimento non solo per i milanesi che abitano in zona, ma anche per i sardi presenti in tutta la città. Non manchiamo infatti – continua – di dedicare un’intera giornata alla Sardegna, l’ultimo venerdì di ogni mese, preparando un menù che propone i piatti tipici della tradizione: cullurgiones, maialetto al forno, seadas”. Maddalena si trova bene ora a Milano, la considera una città accogliente che apre le braccia a tutti, ma quando le chiedo se le manca l’isola, abbassa lo sguardo e versa  con pudore qualche lacrima. “Sogno di trascorrere in Sardegna almeno sei mesi dell’anno – riprende – immagino le passeggiate in campagna nel periodo degli asparagi, dei funghi, tanto che mi sembra di sentirne anche il profumo, e rimpiango le amiche di gioventù, che non ho mai dimenticato”. E quando anche la giovane Genny, sua figlia, nata e cresciuta a Milano, mi dice che l’incanto della Sardegna ce l’ha stampato nel DNA, nonostante a Milano trovi molti stimoli e non se ne andrebbe mai dalla città, capisco che il richiamo della terra per i sardi è qualcosa di forte, di ancestrale, come un magnete che li rende un popolo capace di farsi strada ovunque, ma con un velo di malinconia nello sguardo che non  riescono nascondere.

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