Ci facemmo travolgere dalla Primavera, in una giornata tersa, splendida, né soffocante, né da brividi. Il cielo era di nuvole basse, ma niente pioggia, solo minaccia. Gli ombrelli rimasero nel portabagagli della vecchia, comoda, ypsilon, la Lancia con cui Walter aveva macinato chilometri a migliaia tra Brindisi e il Friuli, ma anche lungo le coste incantate della Sardegna. Giostra della memoria.
La vecchia tortuosa strada per Villasimius era stata faticosa, ma la villetta con vista sull’orizzonte fu rifugio sicuro, riposante. Avevamo bisogno di evadere, di stenderci sull’erba, sotto la grande palma. Non cercammo il mare quella mattina, non cercammo la spiaggia. Mangiammo triglie comprate nella pescheria del paese, mentre i turisti ciondolavano sotto il sole pungente. Gli uomini in bermuda, a torso nudo. Le donne avvolte in grandi foulard leggeri. Mangiammo anche maialetto arrosto, cucinato lentamente, nel fuoco crepitante. E bevemmo un buon vino di Cannonau, eredità dei padri e della storia.
Ricordi che s’intersecano. Dal Regno delle due Sicilie alla Mitteleuropa, dalla maturità all’infanzia, pensando ai profumi dell’Isola. Noi avevamo definitivamente messo radici nel Profondo Nord e quella mattina di metà maggio attraversammo le strade del vino, le fresche strade sempre sognate. In lontananza il profilo dei monti, già verdeggianti, e tutt’intorno un senso di pace, tra case di pietra e donne con la spesa.
Eravamo in provincia di Udine, ma saremmo potuti essere in quella di Cagliari o di Nuoro. Nessuno aveva fretta, neanche noi, che percorrevamo la via verso Ravosa. L’oste rimase stupefatto, perché svaligiammo la cantina, gli occhi rivolti allo spettacolo del vino, al film della vita, della terra, della piccola folla che si radunava attorno ai bicchieri colmi di quel Nettare degli Dei. Dovevamo immortalare il momento, quella stanza in penombra, avvinta dalla gioia, perciò impostammo l’app delle foto sull’ iPhone e fissammo quegli istanti nel diario del tempo, per sempre.
Ravosa quel giorno era magnifica, ma noi ci facemmo inghiottire dalla strada del ritorno e ci lasciammo alle spalle la commedia della natura che si risvegliava. Presto le nuvole avrebbero lasciato il posto al sole, ma non ci saremmo fatti sorprendere dalla precoce estate che già s’annunciava. Le strade del vino sarebbero state sempre davanti a noi e Ravosa non ci avrebbe più abbandonato. Ma ci avrebbe disorientato, tra Nord-Est e Sud-Ovest. Tra il Friuli e la Sardegna. In fondo due isole, una aggrappata ai confini, Slovenia a Austria, l’altra circondata dall’azzurro del mare. Non una barriera, ma un ponte verso l’Africa, verso il mondo.
Fotografia di Stefania Morgante