Dentro, la Sardegna è ancora più bella. La sua anima, lì, si disvela e riesci a intravederla se ti accosti in silenzio, in punta di piedi, per borghi, paesi e campagne dove si comunica con rispetto .
Rispetto dei luoghi, degli spazi, delle tradizioni e soprattutto della generosità e della ospitalità che non ammettono tradimenti, opportunismi. Proprio perché ti si danno con il cuore anche quando sulla tavola dividono con te il pane che è ancora sacro. Quest’isola delle intensità profonde ora è a rischio di spopolamento, di emarginazione da tutto e da tutti. La Grande Crisi ha tagliato anche gli ultimi presidi delle comunità, contano i numeri, bellezza, e allora giù scuole, uffici postali, caserme dei carabinieri e via de-socializzando.
Il drammatico ultimatum lanciato dagli amministratori locali di tricolore fasciati all’assalto del Palazzo significa disperazione, impotenza. La impossibilità di dare l’oggi e il domani alla comunità ormai in fuga .
L’isola non può polarizzarsi tra Cagliari, la città delle accoglienze ormai stremata nelle braccia e nella pancia, e Olbia-Sassari, se la spina dorsale viene tagliata via. Non si vive di sola estate ne di occasioni smeraldine. Quando incontriamo i nostri emigrati, anche loro nel tunnel di un domani senza più sostegni per poter continuare a promuovere la nostra terra in giro per il mondo, leggi occhi umidi di sconforto e di sbigottimento: che ne sarà dei nostri cari in paese e del nostro rientro, domani? Ecco perché cuore e anima della Sardegna dell’interno piangono la loro marginalizzazione. Per le festività ci sarà il grande rientro, fuochi e caminetti accesi per esorcizzare tutto, alla faccia della fine del mondo. E non c’è festa più intensa e più ricca di armonie di quella dei nostri paesi. Tutto ritorna con gli occhi bambini, si continua ad alimentare la speranza. Dentro casa, nelle piazze i profumi sono quelli che mai la città ti può dare. Il cibo non solo per la gola e per la pancia.
I riti della grande tavola dove tutto diventa magia. I sapori? Quelli a metri zero. Dove esiste ancora la solidarietà e nessuno al paese viene dimenticato oltre la porta di casa.
Il nostro giornale da sempre promuove il turismo interno, le gite fuori porta che alla faccia del caro carburante ti restituiscono sensazioni rarefatte. Questa è l’isola che vorremmo, dove nessuno è costretto a scappare e dove si esercita quell’antico rituale dell’accoglienza e dell’incantesimo.
Da Cagliari a Tempio, nel Sulcis che deve rialzarsi, nelle montagne del Gennargentu, o a due passi da casa, fuori da condomini: può essere anche questa la piccola grande rivoluzione culturale di tutti noi, per scambiarci abitudini, tradizioni, parlate, modi di dire e di pensare, energie e risorse.
Incominciamo da noi, basta uscire di casa per scoprire l’anima bella della nostra isola senza che ce lo dicano gli altri.
A due passi da casa, per semplificare, lungo i sentieri di Monte Arcosu, vista mare e vista daini e funghi e tanto ben di Dio, eppoi non solo ciminiere. È questa la cartolina forte della Rivoluzione. Non più la monocoltura industriale, ma l’esaltazione del nuovo modo di stare in campagna: dalla produzione dei prodotti della terra alla cura del cibo, anche con il micro marketing.
La più bella vetrina del sapere fare tutti insieme, per la piccola grande rivoluzione che comincia dalla cultura del cibo.