A Tarcisio Agus, dopo la presentazione al Salone del libro di Torino della sua ultima opera “Parco Letterario Giuseppe Dessì – Parte d’Ispi”, abbiamo chiesto di questa sua nuova vita di scrittore di storia locale.
Da sempre ho coltivato la passione per la storia locale e del territorio più in generale, perché li stanno le nostre radici e l’ultima opera, dedicata al secondo Parco Letterario dell’Isola che ho contribuito a far nascere, vuole, riprendendo l’insegnamento dell’illustre poeta villacidrese, Giuseppe Dessì, sensibilizzare le nuove generazioni alla tutela e la valorizzazione del nostro patrimonio artistico, storico ed ambientale, parte impostante della storia dell’isola e diciamo pure d’Italia.
In particolare vorrei comunicare con le mie narrazioni, che non veniamo dal nulla e che le nuove generazioni, che ancora vivono il territorio, possono trovare, grazie alle nostre profonde radici, le ragioni per arginare il progressivo abbandono dei nostri centri ed assieme, come ci ricorda il Dessì con la bellissima pagina, nella narrazione di San Sisinnio, intitolata “Noialtri”, riuscire a guardare oltre i nostri limiti.
Sappiamo essere già in tipografia il prossimo libro, ce ne vuole parlare?
Il nuovo lavoro, che ho condiviso con numerose persone, uscirà a breve e riporta la memoria storica del guspinese Virgilio Saba, definitosi anarchico. A 15 anni era già segretario della sezione del partito socialista, poi comunista di Guspini. Virgilio Saba, a detta di alcuno, sembrerebbe aver ispirato la narrazione del romanzo “Il figlio di BaKunìn” del compianto Sergio Atzeni. Si tratta di un dattiloscritto con il quale Virgilio ci propone uno spaccato della sua vita e della cittadina mineraria nel primo ventennio del 1900, prima che lasciasse Guspini per il continente. Pur nella sua semplicità il testo meritava di essere reso pubblico, non solo per il suo contenuto di testimonianza ma anche per dare attuazione al desiderio del figlio ottantenne Amos, che consegnando il dattiloscritto al Sindaco Francesco Marras, manifestò il desiderio di una possibile pubblicazione. Dopo averlo ricevuto mi convinsi che andava pubblicato, sia per rendere omaggio all’autore, ma anche perché, se Virgilio fosse rimasto a Guspini, probabilmente avrebbe trasferito la sua esperienza alle giovani generazioni, come si era soliti fare nei nostri rioni nelle frescure sere d’estate, perché ne facessero tesoro e ne traessero insegnamento. Virgilio Saba non poté farlo perché agli albori della sua maggiore età, dopo un fattaccio occorsole nelle vie di Guspini, scappò. Rientrò per affrontare le incombenze giudiziarie, abbandonando poi per sempre la famiglia e il suo paese, per lavorare lontano dai ricordi. Con il libro lo facciamo ora noi, in forma scritta, perché la tradizione che consentiva, durante tutta l’estate, l’incontro tra generazioni è andata man mano scemando sino a scomparire.
Questa sua ultima opera andrà ad arricchire le sue numerose pubblicazioni, intercalate da articoli che pubblica sulle nostre testate on-line, cosa la spinge dopo il suo trascorso politico?
La passione e l’esperienza di vita condivisa, positiva o negativa che sia stata, è sempre un importante veicolo di formazione umana. Ho cercato di farlo, con tutti i miei limiti, prima da insegnate di scuola media, poi da amministratore locale, che mi ha permesso di mettere in atto concretamente l’amore e la passione per il recupero di una parte del patrimonio identitario del mio paese, come l’acquisizione e la ripresa degli scavi di una parte dell’antica città di Neapolis o il patrimonio ecclesiale, come il recupero della chiesa bizantina, poi templare di Santa Maria Assunta; la chiesa di San Nicolò, il “Duomo dei Re”, per la sua facciata “politica”, ospitante i busti marmorei dei re di Spagna Carlo V e Filippo II. La ricerca su quest’importante monumento ecclesiale ha permesso di conoscere meglio il sito, scoprendo che ospita sotto il suo pavimento le fondamenta della prima chiesa paleocristiana dedicata a Santa Barbara. Non è stata da meno l’esperienza del recupero di buona parte del borgo minerario di Montevecchio, condiviso con i fratelli arburesi, per ridarle servizi e vita, nonché il recupero una buona parte dei compendi minerari di levante. Ma non solo, nella mia visione, vi era anche l’attenzione alle sofferenze dell’uomo, date dal non lavoro o da malattie invalidanti, che mi spinsero nel creare strutture di sostegno e cura per i miei concittadini e non. Purtroppo non tutto è andato a buon fine, spesso la lotta politica, che non è capace di guardare oltre, ha mozzato gli entusiasmi e la risoluzione di numerosi problemi. Ora quel tempo è andato, ma mi resta ancora la passione e l’amore per il mio paese ed il territorio, che sento mio, come i nostri padri lo sentivano e lo vivevano prima dell’avvento del catasto e delle chiudende, che ci hanno confinato negli angusti recinti campanilistici. Dando voce alle mie passioni ed al passato attraverso la narrazione cerco di continuare, sinché Dio mi darà forza, il trasferimento delle conoscenze che l’esperienza di vita mi ha permesso di maturare, perché le giovani generazioni ne facciano tesoro, scoprendo magari che non siamo “Pocos, locos y mal unidos” come ci giudicavano gli spagnoli e tanto meno “La causa dei nostri mali è da ricercarsi nella natura stessa dei sardi, poveri, nemici della fatica, feroci e dediti al vizio”, come pensavano i Savoia.