Viaggio in Barbagia_ di Leo Fancello

Dorgali. In Sardegna, una terra già antica per gli antichi, esiste un’isola nell’isola: è la Barbagia, dove sopravvivono tradizioni e culture che affondano le proprie radici nei secoli. Lo si può percepire dalla lingua, dagli antichi toponimi, dal cibo, dai costumi, dalle feste, dalla stessa economia ancora prevalentemente agro-pastorale. 

Solamente negli ultimi anni si sta osservando un maggiore interesse da parte dei turisti per quest’area ricca di contenuti straordinari, alla ricerca dell’anima più vera e  genuina dell’isola, fatta di monumenti millenari, di foreste secolari, di profondi canyon e svettanti nuraghi, di endemismi floristici e faunistici, di splendide e maestose grotte… 

In quest’ampio territorio in prossimità delle nude cime dei monti calcarei o nascosti tra la fitta macchia mediterranea, si incontrano spesso delle vecchie costruzioni in pietra e legno. Sono i Cuiles, le antiche dimore di chi in quei monti ha duramente lavorato per lunghi anni, allevando capre e maiali. Da questi insediamenti svettano le superbe capanne di abitazione, i Pinnettos, che ricordano da vicino le antiche capanne nuragiche. Qui, a quei pochi viandanti che fossero andati  a fargli visita, il pastore manifestava la tradizionale ospitalità barbaricina, sospendendo l’attività lavorativa e preparando subito una prima colazione a base di frue (latte cagliato di capra), ricotta e pane carasau, per poi proseguire a pranzo con salsicce, formaggio, carne arrosto di maialetto o capretto, cordula (la treccia di interiora del capretto), accompagnati dall’immancabile vino rosso cannonau. Quei profumi antichi, quei gusti, che sapevano di ginepro e natura incontaminata, oggi sono quasi introvabili.

Ancora alla fine degli anni 70 del secolo scorso, la quasi totalità dei pastori proveniva da realtà sociali e familiari autosufficienti: carne, latticini, vino e pane venivano prodotti  nell’ovile o in casa da mogli, fratelli, sorelle, madri… Oggi è difficile, ma non impossibile, trovare ancora quei cibi e quell’ospitalità. Anche i pastori, quelli veri, hanno pensato di integrare le proprie povere risorse economiche, offrendo ai turisti la possibilità di gustare i cibi semplici dell’ovile e i prodotti familiari, olio, pane, vino, miele, lontani dalle sofisticazioni industriali e dalle contraffazioni nazionali ed estere. 

Accompagnati dalle guide della Gennargentu.com, si riesce ancora a sperimentare queste  rarissime possibilità, unendo storia, archeologia, natura e gastronomia. Un’escursione simbolo di questa opportunità, si snoda attraverso i territori di due paesi particolarmente rappresentativi, Dorgali e Oliena, zone classiche della Barbagia, centri di produzione del vino cannonau, dell’olio e dei formaggi. 

Il percorso inizia in prossimità della Tomba di Giganti di Thomes, nelle campagne dorgalesi, al confine con la Baronia; un breve sentiero che attraversa pascoli e lembi di macchia mediterranea, tra antiche rovine, termina improvvisamente davanti alla monumentale testimonianza delle antiche popolazioni nuragiche di 3500 anni fa. Un’imponente stele centinata, posta al centro di un semicerchio di pietre infisse sul terreno (l’esedra, che rappresentava lo “spazio sacro”, ad immagine e somiglianza delle corna della nota divinità taurina mediterranea), domina il retrostante corridoio funebre, costruito con gigantesche pietre selezionate per lo scopo. Durante la spiegazione e l’inquadramento temporale del monumento, molte domande si affollano nella mente dei turisti, ma non a tutte è possibile rispondere con assoluta certezza. 

La prossima meta porta ancora indietro nel tempo, nel neo-eneolitico (a partire dal IV millennio a.c.), con la visita alla Domus de Jana di Marras, un bellissimo monumento funerario, costituito da un atrio/ingresso con gli stipiti e l’architrave finemente lavorati. Nell’ampia cella della domus, dal soffitto particolarmente alto, possono stare in piedi quasi venti persone. 

Si prosegue per la Risorgenza di Su Gologone, guadando con i fuoristrada il Fiume Cedrino a lato del bellissimo ponte tardo romano (VIII secolo) di Papaloppe, in territorio di Oliena, dove una sosta permette di immortalare questo manufatto che ha resistito nei secoli alle impetuose piene del Fiume. 

La Risorgenza di Su Gologone è la fonte carsica più importante della Sardegna, ubicata ai piedi delle bastionate calcaree del Supramonte. Le sue acque provengono in parte dai confini più lontani del Supramonte di Urzulei, lungo un percorso sotterraneo ancora in gran parte sconosciuto. Gli acquedotti dei paesi di Dorgali e Oliena sono alimentati da questa preziosa risorsa che giustamente va tutelata e difesa dalle minacce che sempre di più incombono su di lei. Una breve visita alla soprastante chiesa seicentesca di N.S. della Pietà, ci ricorda di come queste sorgenti di acqua limpida siano state ritenute sacre dalle popolazioni sarde antiche e recenti. 

Si continua per l’abitato di Dorgali dove, non molto distante dalla periferia, è possibile visitare le rovine del Nuraghe Neulè con l’omonimo villaggio nuragico che presenta numerose capanne ancora in buono stato di conservazione. Nelle immediate vicinanze è possibile affacciarsi su una vertiginosa balconata naturale che rivela un vasto panorama aereo sulla Valle del Cedrino, caratterizzata da immense falesie basaltiche fittamente dominate da nuraghi e villaggi nuragici. 

La successiva meta si raggiunge lungo una strada campestre che attraversa le località di Ispinigoli, conosciuta per le famose grotte e il rinomato ristorante; di S.Giovanni Su Anzu, con la sua chiesa campestre e l’omonima risorgiva e, infine, lo stretto Valico di Irghiriai dominato dalle rovine del Nuraghe, dove, all’improvviso, esplode in tutta la sua bellezza l’azzurro mare di Cala Gonone. Il panorama spazia su tutto il Golfo di Orosei, con le lontane spiagge di Cala Luna e Cala Sisine ben visibili; sono oltre 40 chilometri di costa ancora intatta e raggiungibile solamente con le imbarcazioni o dopo una lunga camminata a piedi attraverso sentieri impervi. 

E’ oramai tempo di raggiungere il nostro pastore e i suoi cibi tanto attesi. Lasciato alle spalle il Bosco di Littu e superato il paese di Dorgali, si scende velocemente  lungo le pendici della collina basaltica di S.Elene, fino a raggiungere la Vallata granitica di Oddoene, accolti da un paesaggio acquerellato costituito da innumerevoli vigne e oliveti, ben coltivati su ordinati filari, che testimoniano la laboriosità della popolazione dorgalese e la sua vocazione a produrre vini e olio di qualità. 

Una breve sosta ci porta a visitare la chiesa seicentesca di N.S. di Buoncammino, con la sua bellissima architettura e le rovine delle antiche cumbessias. Il posto è semplicemente magico, mura secolari contornano un immenso cortile dove si affacciavano le semplici casette usate dai pellegrini per soggiornarvi durante la festa. Qui alcune fonti storiche ubicano l’antica Mansio romana di Viniola, riportata nell’Itinerario antonino (Antonini Itinerarium) delle antiche strade imperiali romane. Ma con un pò di attenzione è facile rinvenire le tracce di una frequentazione più antica, cocci di epoca nuragica e persino schegge di ossidiana rivelano che questo posto, ai piedi del Supramonte occidentale dorgalese, era già frequentato in epoche lontane e probabilmente è stato considerato sacro da sempre. 

Siamo oramai a pochi minuti di distanza dall’agognata meta; sempre a bordo dei fuoristrada, si guada il Rio Flumineddu in località Biduai e, dopo una breve strada sterrata dissestata, che passa a lato della bella Domus de Jana di Biduai, si raggiunge finalmente l’ovile di Angelo, posto alla base delle alte pareti del Supramonte, laddove partono poi i sentieri per il Villaggio di Tiscali e la Gola di Gorropu. 

Un monumentale Pinnettu, con un’adiacente piccola costruzione in muratura, accoglie gli ospiti. Tutto il sito è ombreggiato da alti Pioppi con l’onnipresente fitta macchia mediterranea. Il posto è recintato, ordinato e pulito. Poco lontano si sente il tintinnio dei campanacci di capre e pecore al pascolo e i grugniti dei maiali confinati in un recinto. Angelo accoglie i suoi ospiti con un buon bicchiere di vino cannonau augurando a tutti lunghi anni di fortuna e salute. Nel frattempo molti ne approfittano per fare un sopralluogo attorno all’insediamento, scoprendo altre antiche capanne e recinti e un grande barbecue alla “dorgalese”, dove l’arrosto di maialetto e capretto diffonde un gradevole profumo tutto intorno. Il pastore fa accomodare i suoi ospiti all’interno del Pinnettu, abbastanza ampio per accogliere una ventina di persone su due tavoli già imbanditi e dove già troneggiano i fiaschi di vino cannonau. 

Viene subito servito un antipasto di salumi e formaggi di produzione propria, con qualche pezzo di cordula di capretto; tra un bicchiere e l’altro tutti cominciano ad apprezzare gli antichi sapori della Barbagia. Segue l’immancabile piatto pastorale, povero e nutriente : la pecora in cappotto, servita nei tradizionali vassoi di sughero, costituita da gustosissime fette di pecora bollita, accompagnate da tenere patate e cipolle, il tutto insaporito da erbe aromatiche. Segue un assaggio di spezzatino dorgalese di cinghiale o capretto, molto comune negli ovili del territorio paesano, con un contorno di fette di pomodoro e frue salata, un piatto antico e particolarmente apprezzato per il suo contrasto dolce-salato. Subito dopo Angelo si presenta con un vassoio di sughero dove tra i rami di mirto campeggia la carne arrostita di maialetto, infilata su spiedi di olivastro. Nonostante si sia già sazi, il maialetto è un piatto tradizionale da non perdere, accompagnato da abbondanti bicchieri di prelibato vino rosso. Il dessert finale è costituito da una fresca ricotta di capra da consumare con pane carasau e miele di asfodelo, una vera prelibatezza. 

E’ oramai pomeriggio inoltrato, le gambe tremano felicemente per il troppo buon vino, si canta e si chiacchiera, i brindisi si sprecano. E’ giunta l’ora di ripartire e Angelo saluta i suoi ospiti servendo l’acquavite del commiato (abba ardente in dorgalese, filu è ferru in altri dialetti), anch’essa preparata con le sue mani, aromatizzata con bacche di mirto o di ginepro. Molti ne approfittano per acquistare un formaggio di capra, una bottiglia di vino,una salsiccia o un barattolo di miele.

Un pò tutti trovano difficile andar via, è stata una giornata intensa attraverso i simboli della cultura più profonda della Barbagia, alla scoperta delle radici di un popolo e degli antichi sapori. Gli ospiti sono consapevoli di aver vissuto un’esperienza autentica e inconsueta, sempre più rara da trovare, felici di aver contribuito con la loro presenza a mantenere viva questa tradizione gastronomica, incoraggiando gli ultimi caprai anche economicamente, acquistando i loro prodotti, a proseguire la loro ancestrale attività tenendo viva l’antica usanza dell’ospitalità barbaricina.

Per saperne di più: www.gennargentu.com Facebook: Gennargentu.com Sardinia Adventures L. Fancello: Cuiles, gli insediamenti spontanei pastorali del Supramonte IIed. Ed. Gennargentu  2003L.Fancello: Trekking dei Cuiles. Ed. Archivio Fotografico Sardo  2008

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