Non so di che malattia è morto Francesco Alziator ma ho il dubbio che sia morto del male di cui muoriamo noi sardi: lo sgarrettamento, il cuore che si ferma per la pena di vivere nella terra dei pocos, loco y male unidos. Un male, in fondo, per cui la morte non è fiele ma miele.
Quando era vivo, visse nella accademia ostilità degli “italioti” cioè dei sardi che lo trovavano “troppo sardo” e, perciò, troppo angusto, limitato,provinciale: e gli preferivano i “continentali”, importatori di legna pintata e portata in Sardegna. Perché, in Sardegna, s’importa petrolio e cultura a “ illuminare” e a rendere beati e beoti gli occhi e le menti dei “mastrucati latrones”.
Eppure, come scrisse Paolo Toschi, il caro, grande, amico Paolo Toschi, che gli diede la libera docenza: “Nessun tentativo di caratterizzazione e di sintesi può sostituire l’incanto delle innumerevoli verità e suggestive bellezze delle tradizioni popolari sarde, quali appaiono dal chiaro e preciso panorama offertoci da Alziator”. Ecco, in che senso Alziator era troppo sardo: “Il dialogo tra l’uomo e la terra è ancor più vivo nelle vaste solitudine della Sardegna, dove la terra, le pietre, gli alberi sono ancora i personaggi prossimi e visibili della lotta quotidiana per l’esistenza. La pioggia, la neve, il sole, la tempesta, i grandi venti che, calando dal settentrione e incuneandosi tra le montagne che circondano la pianura del Campidano, spazzano l’Isola da un capo all’altro, sono gli esecutori di volontà esterne, le cui cause e le cui regioni si perdono al di là dei nembi o nella pace del cielo stellato. In questo tanto attuale potenza primogenita del colloquio tra il sardo e la natura, nella eccezionale solitudine dell’uomo, che in ben poche terre, in Europa, s’avverte come in Sardegna, possono trovare molte delle ragioni del perdurare di modi e di concezioni di vita profondamente distemporati con il resto del mondo”. Si può discutere il legame, stabilito da Alziator, fra l’io cosmico e l’io sardo: ma è materia opinabile e non motivo di ostracismo.
Ma il buon Francesco perdonava e continuavaa vivere e a camminare, giorno dopo giorno, a vivere e a camminare nella sua “Città del sole” col suo viso da senusso, col suo sangue rosso azichenazim mozarabico, trapiantato in Sardegna al seguito degli alcadi aragonesi, ultimo hidalgo di una Casteddu che sta morendo inquinata dal Dio Petrolio.
dalla rivista ilCagliaritano