Carlo Nieddu Arrica con il suo “ Il Mondo nello zaino” – edito dalla GIA di Cagliari – ci inganna. Vuole farci credere che per ricordare un amico, la sua storia, il suo tremendo destino ha scritto un semplice diario di viaggio. Ma il libro nella sua intensa brevità, rappresenta di più. Molto di più. Perché si parla di vita, di vera vita, con brani intatti, allegri, spensierati o tragici ( “Quanto è difficile capire la vita” ci avverte l’incipit). La pubblicazione affronta inoltre il tema non troppo presente nell’ultima letteratura, quello del rapporto con se stessi, l’intimismo compare ben simulato e intrecciato con la vita di relazione, quella dei viaggi. Come se per il lettore ci fosse un duplice punto di vista, di osservazione sull’anima, sul mondo. Quella irrequietezza che sconfina nella più poetica inquietudine ci accompagna e ci prende per mano per tutto il filo del racconto anche se non si tratta di un racconto ma di una serie di racconti ben infilati uno dopo l’altro a presentarci paesi, persone, riflessioni e pensieri. E così compare Rio de Janeiro, Bali o Barcellona e Cartagena ed i loro abitanti fantasiosi, unici nelle loro leggende, nei loro costumi. Sullo sfondo il contenuto dell’amicizia, sentimento raro e coinvolgente, da invidiare, che lascia spazio a comparse ben intagliate, emarginati della vita, rifiuti o presenze minori sprizzanti qua e là come personaggi importanti rilanciati in pagine ammalianti . Barbieri da strada, lustrascarpe o ubriaconi di bettole o…la bella indio che si liscia i lunghi capelli.
Benchè le figure che più colpiscono nella loro centralità sono quelle femminili quelle conosciute da sempre o quelle incontrate per caso proposte – nella loro vivacità o nella sottaciuta sinuosità – con delicate pennellate e “grande considerazione”. Si tratti di storie tessute tra gli avventori dei bistrot parigini, nei quali si stagliano fantasticherie metateatrali o disperate ricerche di equilibrio con se stessi nelle filosofie orientali o abbandoni dell’anima cullata dentro una amaca colombiana, c’è sempre una ricerca nel cogliere le stupefazioni che un viaggio può regalare e che un viaggiatore sa percepire. Ma le emozioni sgorgano anche in luoghi vicini, come nel paesaggio incantato di Capo Pecora per chi sa perdersi in uno stato mentale di preveglia nel rumore del movimento delle onde, fra ispirati richiami a concetti di coppie in opposizione, raffinato quanto poetico riferimento alla meccanica quantistica.
Colpiscono i pittori per come via via compaiono con leggiadri voluti richiami. Da Picasso a Artemisia Gentileschi da Paul Gauguin a Gerardo Dottori o de Chirico il libro li evoca come si evoca un amore ancora vivo e presente. Oppure si coglie l’opera nella sua potente espressività perché “ la buona pittura lascia un segno nella sensibilità delle coscienze” e sembra proprio di vedere la grandezza dell’outrenoir di Pierre Soulages. Ma la pittura trasuda in tutta la narrazione e spesso non si distinguono le parole dalle pennellate, per lo stile dell’autore sempre senza fronzoli. Come pure colpisce una sorta di colonna sonora, di incantesimi sognanti, che di tanto in tanto appare nei testi di canzoni lontane o popolari.
E con delicatezza il lettore viene infine portato alla parte più toccante del libro, quella finale, ma in modo così onesto e asciutto che si finisce per accompagnare anche noi l’amico più caro nell’ultimo viaggio, certo liberatorio, con un senso di purezza e semplicità. Carlo Nieddu Arrica se ha voluto ingannarci è stato tradito dal suo stesso talento.