Il Cagliari di Zenga visto sabato notte a Verona somiglia all’ultima versione di quello di Maran che, quest’inverno, non era riuscito a confermare l’ottima mole di gioco e soprattutto a portare a casa con continuità quei risultati che invece avevano permesso ai rossoblù di chiudere brillantemente la prima parte del campionato. Il giocattolo si è rotto a partire da dicembre con quella stregata (e interminabile) partita della Sardegna Arena contro la Lazio, ma qualche segno di rottura si intravide già nella gestione dello scellerato finale della sfida di Lecce. Così l’entusiasmo della piazza ha lasciato lentamente spazio alla delusione, accentuata anche dall’ebbrezza per la striscia record di risultati che aveva trascinato anche i più scettici al pensiero che questo sarebbe potuto essere un campionato più ricco di soddisfazioni rispetto agli ultimi. Ci sono dodici partite davanti, quindi ancora tutti i margini per provare a raddrizzare la stagione, ma i punti persi nella prima parte del girone di ritorno cominciano a pesare (appena tre conquistati in totale, frutto di altrettanti pareggi).
Gli uomini di Zenga non sembrano ancora essersi ripresi dal blackout e sabato notte hanno steccato la prima alla ripresa del campionato. Le indicazioni che sono arrivate dal Bentegodi sul gioco e sulla condizione atletica di alcuni interpreti non sono state molto incoraggianti, così come l’atteggiamento passivo evidenziato per buona parte del primo tempo fino all’espulsione di Borini. A questo punto le possibilità sono due: o ammettiamo che l’Hellas Verona dell’ottimo Juric sia la squadra rivelazione del campionato e lanciatissima che può qualificarsi per l’Europa League, con il Cagliari sfortunato ad aver incontrato subito i veronesi come avversari alla ripresa, oppure i rossoblù sono ancora un cantiere aperto su cui l’ “uomo ragno” ha tanto da lavorare.
Tuttavia sarebbe un peccato mortale quello di lasciarsi trascinare dal pessimismo, bocciando prematuramente l’operato di un allenatore e della squadra dopo appena una partita giocata, e risulta doveroso sottolineare delle attenuanti e anche qualche aspetto positivo, che comunque non giustificano l’inizio di partita da shock di sabato.
Tutti noi appassionati abbiamo atteso con trepidazione e ansia che il pallone tornasse a rotolare sul terreno di gioco, ma il calcio post-coronavirus è a tutti gli effetti uno sport diverso, stravolto dagli eventi che hanno impedito ai giocatori di allenarsi in gruppo per tre mesi e, di conseguenza, ai rossoblù di apprendere sul campo i dettami dell’ex tecnico del Venezia. Alcuni giocatori sono apparsi ancora completamente fuori giri e i ritmi delle partite risultano blandi e soporiferi, ma in questo momento non poteva essere diversamente, vista la contingenza della situazione.
È altrettanto vero che mister Zenga nei mesi di quarantena trascorsi ad Asseminello, assieme ai suoi collaboratori, ha avuto tempo e modo per studiare i suoi giocatori solamente a distanza, sperimentando un cambio di modulo (dal 4-3-1-2 al 3-5-2) per provare a dare una svolta, a cui solo il tempo e i risultati potranno dare ragione o meno.
Un’altra questione importante che ha pesato è stata quella relativa agli infortuni e alle squalifiche: le assenze di Nainggolan e Joao Pedro, i due leader di questo Cagliari, hanno pesato e non poco sulle dinamiche di gioco della squadra che si basa sull’imprevedibilità del belga-indonesiano e del brasiliano.
Da salvare in questa partita ci sono sicuramente la reazione messa in campo durante la ripresa, nella quale ci sono state le occasioni per trovare il pareggio, e la “garra” di Nandez e Simeone (al settimo centro stagionale), veri guerrieri in campo. Da questi aspetti dovranno ripartire gli uomini di Zenga martedì sera nella sfida di Ferrara contro la Spal, crocevia importante in cui ritroveranno un Joao Pedro in più, ma dovranno rinunciare anche agli squalificati Ceppitelli e Cigarini. Inutile sottolineare che sarà fondamentale per il morale tornare a casa con qualche punto in tasca.