Un tempo c’erano le botteghe, luoghi adibiti al commercio, ma in cui si tessevano relazioni sociali e si stringevano amicizie e legami di qualità. Queste attività commerciali erano la parte integrante del quartiere e del tessuto connettivo dell’economia cittadina e testimoniavano gli stili di vita e i modelli di consumo della Cagliari del secolo scorso. Poi il tempo, i mutamenti sociali e la rivoluzione del commercio le hanno spazzate via.
Un esempio in questo senso è il Salone Defraia che, dopo oltre un secolo di storia alle spalle, a metà marzo ha chiuso i battenti. Da alcuni giorni all’ingresso è appeso un cartello con scritto: “chiuso per cessata attività. Grazie per l’affetto dimostrato in tanti anni”. Collocato a Cagliari nella via Cavour fin dal 1911, nel corso dei decenni sono entrati lì tanti volti noti e meno noti del panorama cittadino e tante generazioni che hanno abitato nel quartiere, ma non solo. Il salone era gestito da due fratelli, Roberto e Maurizio Defraia, che lo hanno ereditato nel 1975 dal padre che aveva iniziato lì dentro come “garzone” di bottega per conto del fondatore, il signor Moi, e che ne aveva assunto la proprietà nel 1934. I fratelli Defraia hanno avuto contatto con il lavoro della barberia sin dalla più tenera età. A nove anni frequentavano le elementari, svolgevano i propri compiti per casa qua sotto la guida di loro padre e allo stesso tempo hanno imparato il loro mestiere facendo i “ragazzini spazzola”. Un modo per iniziare era fare il “garzone” di bottega: facevi la commissione, passavano i clienti e ti prendevi la mancia. Ad un certo punto i due hanno deciso di continuare la tradizione.
In passato le barberie erano era un vero e proprio luogo di ritrovo e di confronto, in cui gli specchi “sapevano tutto”. Un taglio di capelli, uno shampoo e una risistemata alla barba avevano costi alla portata di tutte le tasche. Maurizio Defraia racconta: “tutte le mattine erano presenti i quotidiani e tante persone, anche non colte, venivano in bottega per leggere le notizie sulla cronaca cittadina, sulla politica, sullo sport e nascevano le discussioni in merito a cui ognuno aveva la propria opinione e punto di vista. Al centro dei discorsi vi erano anche le vicende che accadevano in tutto il quartiere e noi eravamo un punto di ritrovo da cui le notizie si espandevano”.
Tra i clienti più affezionati tanti cittadini della Marina, ma anche qualche volto noto: “da quando il palazzo del Consiglio Regionale si trova in Via Roma, durante i decenni, nel nostro salone sono entrati tanti uomini politici. Così come diversi attori, musicisti e direttori d’orchestra giunti in città per tournée, opere o concerti vari che venivano indirizzati da noi dall’Hotel Italia”.
Adesso invece è cambiato tutto: il quartiere Marina non è più il cuore pulsante della città e i ritmi della vita e del lavoro sono sempre più frenetici, ma soprattutto sono sempre meno gli abitanti del quartiere. Le piccole attività della zona stanno scomparendo e gli stranieri si stanno facendo strada con attività di ristorazione e paninoteche. Maurizio Defraia a questo proposito dice: “la crisi non è delle barberie, ma ha colpito in generale il settore dell’artigianato. Purtroppo anche la classe politica ha le sue responsabilità, in quanto nel corso degli anni ha abolito le scuole di apprendistato di barberia, meccanica, muratura, falegnameria, idraulica che venivano frequentate nei locali dalle giovani leve. Un datore di lavoro non può assumere un diciottenne, assicurarlo, stipendiarlo e insegnargli il mestiere. Quindi i mestieri tradizionali sono in via di estinzione. Inoltre il mercato è più concorrenziale ed è sempre più difficile farsi strada”.