Entriamo in una pagina di storia dell’isola particolarmente significativa. Affascinante e misteriosa contemporaneamente. Affascinante perché la cultura Nuragica si inserisce tra le culture più significative e rappresentative al mondo. Misteriosa perché non tutto dei suoi 1300 anni di vita è stato svelato. Basti pensare alle teorie ancora dibattute sulla funzione del nuraghe, ma non solo, quale tecnica è stata usata per la movimentazione di massi ciclopici di cui molti nuraghi si compongono o l’assenza della scrittura. Una cultura di cui forse ci si spaventa e gli storici sono ancora restii a riconoscerne il valore e la portata, così non è stato, per esempio, per il popolo e la cultura greca o quella egizia. La Sardegna, come abbiamo già intravisto nei periodi precedenti, in particolare nel Neolitico, è stata centro e meta di migrazioni di popoli che vi insediarono, concorrendo allo sviluppo culturale ed economico dell’isola, grazie anche agli stretti rapporti instaurati e che vedevano la nostra terra in relazione con le aree del sud Europa, in particolare l’area Iberica, le Cicladi, Malta, Creta e l’Egitto. Un periodo di grande sviluppo e di crescita umana che si è esteso per l’intero territorio isolano, lasciandoci importanti testimonianze materiali, immateriali ed architettoniche di grande suggestione.
La nuova pagina che affrontiamo con questo primo lavoro di sintesi, ebbe inizio intorno al 1600 a.C. e si protrae sino alla conquista romana del 238 a.C. Questo lungo periodo è suddiviso dagli archeologi in tre grandi fasi: Età del Bronzo – Età del ferro – Età storica.
Il nostro viaggio ha inizio con il periodo compreso tra il 1600 a.C. e l’850 a.C. meglio noto come Età del Bronzo.
Il termine dice già tanto di questo periodo che ha origine con la prima parte dell’ Età del Bronzo meglio nota come cultura di Bonnannaro, datata tra il 2100 a.C. e il 1500 a. C.
Anche qui il nome al periodo culturale è dato dagli importanti ritrovamenti avvenuti nel comune di Bonnannaro, in provincia di Sassari, in località Corona Moltana, dove venne rinvenuto, nel 1889, un ipogeo con particolari materiali che si scostavano dai ritrovamenti sino allora noti. Gli studiosi riconoscono in questo periodo una continuità culturale del vaso Campaniforme, parte terminale dell’Eneolitico, con popolazioni che si pensa provenienti dal centro Europa. Il prof. Lilliu pone in questo periodo una grande trasformazione culturale: il modello pacifico e laborioso delle genti dedite alla agricoltura si trasforma in una società di pastori guerrieri.
Muterebbero in questo periodo i simboli della cultura religiosa e le ideologie del mondo neolitico per fare spazio a credenze individuali ed in particolare, lo avevamo già intravisto nella fase finale dell’Eneolitico, il culto del capo.
Questa prima parte dell’Età del Bronzo, vede con la cultura di Bonnannaro l’arretramento dei villaggi che nell’Eneolitico occupano le pianure e la fasce costiere, spostarsi nelle zone più interne, collinari e montane, presumibilmente dovuto all’aumento di popolazione che alla pastorizia associa la ricerca dei filoni metalliferi, in particolare gli elementi del bronzo e dell’argento.
Aspetti, questi, che farebbero pensare ad un ristagno culturale e che traggono origine dai ritrovamenti diffusi pressoché in tutta l’isola, perché parrebbe non vi fossero nuove evoluzione nei villaggi, ma il riuso e la continuità degli stessi.
Anche nelle sepolture non troviamo nuove tipologie, perché la cultura Bonnannaro riutilizza le Domus de Janas preesistenti, tanto che vengono considerate l’ultima fase del loro uso. Così pure riprende la frequentazione degli anfratti naturali, con la predominanza delle deposizioni legate alla scarnificazione. Alla Cultura di Bonnannaro sono state associate, per la parte funeraria, le tombe a corridoio o Allees couvertes (corridoio coperto), già intravviste nella fase finale dell’Eneolitico, quale strutture precursori delle Tombe dei Giganti, che vedremo meglio definite nella fase finale Bonnannaro, meglio nota come Età del Bronzo Medio (1600 -1300 a.C.).
A questa fase, che potremmo chiamare anche Bronzo Antico, è attribuita la pratica chirurgica della Trapanazione del Cranio, pare attuata sulle persone mentre erano ancora in vita, in quanto dai ritrovamenti avvenuti, sono diversi ed anche con trapanazioni multiple, viene attestata la fase di ricalcificazione delle ossa. In particolare si ricorda il cranio proveniente dalla necropoli Su crocifissu mannu, presso Porto Torres.
In questa fase si assiste anche ad una diminuzione dell’industria litica, in particolare gli strumenti in selce ed ossidiana, mentre si distingue il brassard (il bracciale dell’arciere).
La ceramica rinvenuta nelle diverse necropoli, assume una propria caratteristica per la varietà e foggia, come scodelle, tazze, vasetti a calamaio e grandi vasi a collo, ma in particolare sono i tripodi che costituiscono la parte più rilevante delle produzioni del momento. Tutte si caratterizzano per una scarsa, se non del tutto assente decorazione e qualità rispetto alle precedenti produzioni, tanto che da molti studiosi viene considerata di fattura scadente. A questa fase è ascritto il ritrovamento casuale avvenuto nella Tomba Sant’Iroxi a Decimoputzu, detta anche la tomba dei guerrieri, con un grande numero di inumati, ma ciò che ha destato particolare interesse è il ricco corredo d’armi rinvenuto e composto da spade e pugnali in bronzo arsenicale che variano in lunghezza: da un minimo di 27 cm., sino ai 77. Visibili presso il Museo Nazionale di Cagliari. Il bronzo arsenicale è costituito da una miscela di rame e stagno, che ci da il bronzo, mentre l’aggiunta di uno 0,5% di arsenico, rende il manufatto finale molto più robusto e resistente.
La lunghezza e la forma di queste spade, alcune con lama triangolare e sezione biconvessa schiacciata e doppio filo, richiamerebbero per alcuni studiosi le armi raffigurate negli affreschi egizi ed appartenenti ai guerrieri Shardana.
In questa fase si riscontrano anche i primi protonuraghi o pseudo nuraghi, di aspetto tozzo e con planimetrie irregolari. Più assomiglianti a cumuli pietrosi con pezzature alla base di una certa consistenza, sproporzionati rispetto alle superfici occupate in relazione agli spazi interni, rappresentati da brevi e stretti corridoi, da cui la denominazione data di nuraghe a corridoio, mentre il prof. Giovanni Ugas, preferisce chiamarlo protonuraghe, a significare sia l’antenato del nuraghe, per posizione, struttura e con terrazza, accessibile da scala interna.
Caratterizzato quindi da una grossa massa muraria che viene sfruttata in piccola parte, con brevi corridoi interni, coperti a piattabanda, che terminavano con piccole nicchie aggettanti.
Sembrerebbe che il protonuraghe che meglio rappresenta quella evoluzione che ci condurrà, fra qualche centinaio di anni verso la struttura a Tholos (falsa cupola), sia quello coperto a piattabanda che si amplia in altezza e larghezza, con copertura ad aggetto, detta anche a schiena d’asino o chiglia rovesciata, meglio noto come protonuraghe a camera naviforme.
Uno dei più beni protonuraghi meglio conservati è il Brunku Madugui di Gesturi, visitabile.
Considerato più di carattere pastorale, legato appunto ai pastori guerrieri, in quanto costruiti a difesa e controllo del territorio, forse inteso come territorio dedito al pascolo delle greggi, ma non è da escludersi, a controllo e difesa anche di quelle aree minerarie individuate per le prime produzioni di rame e piombo. Questo ultimo aspetto potrebbe esser ricercato nella buona presenza della fase Bonnannaro nelle aree del sud, presso i giacimenti minerari dell’arburese – guspinese e del sulcis – iglesiente.