Che l’orecchio di ciascuno di noi contenga circa ventimila cellule ciliate lo sanno in pochi. Un po’ perché nessuno ce lo insegna, un po’ perché certi suoni in effetti non hanno bisogno di essere compresi nelle loro dinamiche: li si prende per ciò che sono. Eppure son queste cellule a riceverli, dividerli in frequenze e trasformarli in impulsi elettrici che saranno trasmessi al cervello. Qualche suono si perderà nel letargo delle stanche voci che passeranno, saluteranno e si congederanno. Altri saranno destinati ad oscillare con vibrazioni più intense, a piantare i piedi e restare. A non esser dimenticati.
Tra queste voci, quella di Simeone Latini, attore da 30 anni (ma anche doppiatore, regista e giornalista), voce italiana e inglese di National Geographic e portabandiera di una Sardegna che sa farsi largo oltremare senza scordarsi delle proprie radici. La sua carriera è iniziata da speaker, e non poteva che essere così, anche se la sua voce iconica è un dono di madre natura: non ha mai studiato appositamente, ha semplicemente lavorato sul campo, sin da giovanissimo: “Son stato fortunato – racconta – ho accumulato esperienza sin da subito, quandoson stato scelto come protagonista in una compagnia di dilettanti. Poi è arrivata l’esperienza al Teatro di Sardegna (poi Teatro Stabile di Sardegna), dove son diventato il loro attor giovane”.
Erano i primi anni ’90, in un mondo teatrale che Simeone Latini ci racconta essere ben diverso da quello che conosciamo oggi: “In quel periodo si portava in scena una data ogni due giorni, e in un anno si riuscivano a fare centinaia di spettacoli: si restava anche dieci mesi di fila in tournee, senza tornare mai. Oggi se si è fortunati si riesce a metterne insieme qualche decina. Così, lavorando con tanti attori diversi, ho ‘rubato’ qualcosa a ciascuno di loro”.
Ben presto però l’isola diventa troppo stretta per il ragazzo che voleva andare oltre ed affermarsi: “Se vuoi crescere ti serve un confronto, incontrare figure importanti. Quando ho iniziato, e lavoravo in Sardegna, tutti mi dicevano sempre che ero bravissimo e che non avevo motivo di partire. Ma ho capito quanto ancora potessi crescere quando son andato a Roma”.
Nella Capitale Simeone accumula esperienza e soddisfa la sua naturale propensione al viaggio, alla scoperta e alle nuove avventure, come quella che lo conduce sino in Messico (parla anche lo spagnolo oltre a un inglese da bilingue): oltre oceano raccoglie altri consensi prima del ritorno in Italia. Il nuovo millennio sta per cominciare e per lui arriva il momento della definitiva consacrazione, abbinando ai lavori a teatro – anche con personaggi del calibro di Maurizio Scaparro – quelli in televisione, tra le fiction e le pubblicità: così diventa il volto della Clio, della Toyota, della Cirio e anche delle Nastrine Mulino Bianco, su cui scherza: “Sono una specie di Antonio Banderas ante litteram”.
Nel frattempo la sua voce diventa quella dei grandi documentari e di svariati audiolibri, vola a Londra ma non perde mai il contatto col terreno: “Ho sempre considerato il mio mestiere uno come gli altri, non ho mai amato la definizione dell’artista col fuoco che arde. Preferisco considerarmi un artigiano; e proprio dagli artigiani del mestiere ho avuto modo di apprendere le cose più importanti. Mi è capitato di incontrare Albertazzi o Gassman, ma chi mi ha spinto più a crescere son state persone che la gente non conosce, raccontandomi la loro vita e i segreti di questa professione”.
Una professione sempre in divenire che non conosce momenti morti: “Ti dà sempre la possibilità di diventare qualcosa di diverso, e puoi svoltare da un momento all’altro. Ora mi piace seguire tanti ragazzi e il loro talento, in Sardegna ci sono molti giovani attori meritevoli. Spesso ci sono artisti con bei progetti che magari hanno solo bisogno di un attore esperto che possa valorizzarli, quindi partecipo anche a questo tipo di lavori”.
Uno di questi è Nicola Camoglio, 24enne regista sardo in Svezia, con cui Latini ha collaborato in “The eye of the beholder”, un lungometraggio che ha rappresentato l’esordio del giovane.
Oggi Simeone è tornato dall’Inghilterra e lavora da attore e regista nel teatro Akroama di Cagliari (il Teatro delle Saline di Lelio Lecis), tra varie attività tra cui l’ultima fatica, “Spettri”, con la regia di Rui Madeira che tornerà in tournee ad emergenza sanitaria conclusa.
Ha ancora un sogno: “Un teatro mio. Mi piacerebbe poter ri-coinvolgere persone che son sparite dalla scena ma che valgono davvero tanto, persone che probabilmente hanno rinunciato dopo qualche difficoltà. Il lavoro dell’attore si può fare anche a 90 anni, e ti dà la possibilità di utilizzare parole e testi che non avresti mai potuto scrivere: penso ai grandi commediografi, a Shakespeare.”Dare alla storia una voce. Nel caso di Simeone Latini, regalare alla storia la voce.