L’uomo in Sardegna, come già visto, pare sia presente dal Paleolitico (450.000 – 10.000 anni fa), nonostante le origini dell’isola ci riportano molto più indietro nel tempo, 470 M.a, ma, nel pur lungo periodo del Paleolitico, le testimonianze sono ancora scarse e poco attendibili. Qualche segno concreto invece lo ritroviamo nel Mesolitico (10.000 e 6.000 anni fa), periodo di mezzo, tra il Paleolitico e il Neolitico. Le tracce più diffuse, ancora presso anfratti naturali, attestano della presenza umana nel successivo periodo, meglio noto Neolitico, ultimo spazio di tempo dell’età della pietra, (6.000 – 2.320 anni fa).
Pur nel suo contenuto sviluppo, rispetto al Paleolitico, appena 4.000 anni, questo tempo dell’uomo in Sardegna viene suddiviso, per le diverse caratteristiche dei ritrovamenti, in tre fasi: Neolitico Antico, Medio e Recente. Il momento è segnato da una consistente crescita delle comunità indigene, ormai divenute stanziali e dedite all’agricoltura e pastorizia, lo testimoniano le grandi quantità di reperti litici e fittili rinvenuti, tanto che la varietà di realizzazioni e contenuti artistici rilevati hanno dato luogo a delle personalizzazioni dei periodi. Così il Neolitico Antico è anche noto della Ceramica impressa e dell’ossidiana; mentre il Neolitico Medio, viene definito della Cultura di Bonuighinu e l’ultima parte, il Neolitico Recente, Cultura di San Michele.
Quindi la rappresentazione classica dei periodi storici, viene accostata ai più importanti segni culturali del tempo. Il Neolitico Antico (VI – V millennio a.C.), come detto, ha la sua principale caratterizzazione nell’uso della ceramica impressa e dell’ossidiana. L’individuazione dei luoghi ove fermarsi, in forma stabile, ha consentito all’uomo di conoscere meglio il territorio e trarne da esso le risorse necessarie per una nova organizzazione di vita, per se e per il proprio nucleo familiare. La stanzialità pone nuove esigenze e favorisce lo sviluppato di nuove opportunità.
Acquisisce importanti nozioni del proprio luogo insediativo, anche se in questa fase privilegia ancora, per il riparo, le grotte e gli anfratti naturali, ma scopre le risorse diffuse presenti in prossimità. Perdurano l’utilizzo dei pochi strumenti litici dei periodi precedenti, ma nell’osservazione più attenta e meticolosa in cui ha scelto di vivere, scopre le diverse caratteristiche delle rocce e la struttura dei suoli, da cui trarrà nuovi spunti ed elementi necessari a soddisfare i nuovi bisogni ed il cambiamento in atto. In particolare fanno la loro comparsa le prime rudimentali produzioni ceramiche, legate ad un primordiale corredo domestico, sino ad allora ignoto per la vita errante alla ricerca del cibo.
La ricchezza dei depositi argillosi dell’isola, consegna all’uomo neolitico quella risorsa naturale che concorrerà, con la sua evoluzione, al miglioramento alimentare e culturale che andava sempre più diffondendosi in tutte le parti della Sardegna. Le prime produzioni sono circoscritte a piccoli recipienti, in particolar modo legati all’attingimento ed alla conservazione dell’acqua, in quanto gli insediamenti umani, per un innato bisogno, sono presso le fonti o corsi d’acqua, elemento primario alla vita. Poi gradualmente dai piccoli contenitori si passa ad altre forme necessarie per accompagnare l’evoluzione di vita che gli stanziamenti, sempre più numerosi e prosperi, richievano.
Le ceramiche di questa prima fase prenderanno il nome di ceramica cardiale, dovute al fatto che le prime realizzazioni, alla creatività della forma associano, come detto, l’estro decorativo, che viene impresso sulle arcaiche ceramiche, con uno strumento tratto dalla raccolta del cibo e detto “cardium”, da cui ceramica cardiale. Il cardium non è altro che una conchiglia, comunemente detta anche vongola, oggetto alimentare antico, ma che permane tutt’oggi negli stagni dell’isola. Le valve, per la loro caratteristica, venivano utilizzate per la decorazione ad impressione, perché il filo del cardium presenta una forma a zig zag, evidentemente molto apprezzata nel tempo.
I corredi domestici prevalenti nel Neolitico Antico, che peraltro troviamo anche in altri ambiti del mediterraneo, sono costituiti da ciotole e olle, spesso dotate di piccole anse. Con l’uso e la manipolazione sempre più frequente dell’argilla, l’uomo inizia una produzione fittile, potremmo dire ancora rudimentale, ma con essa avvia quel processo creativo delle forme, che affinerà nel tempo, arricchendole con elementi artistici e decorativi sempre più evoluti e preziosi. L’altra innovazione, dopo l’esperienza della pietra scheggiata del Paleolitico, la ritroviamo in nuove produzioni con la pietra levigata, come le teste di mazza, le asce o i cunei, ma in particolare sviluppa l’antica arte della pietra scheggiata, a seguito della scoperta dei depositi di roccia vetrosa chiamata Ossidiana e che sul Monte Arci ha i suoi maggiori giacimenti.
L’ importante elemento litico, noto anche con l’appellativo di Oro nero, è presente nel mediterraneo, oltre che in Sardegna, nelle isole Lipari e Pantelleria. Il successo dell’ossidiana interessò tutto il commercio mediterraneo e quella sarda si impose in particolare nelle aree della Liguria, della Francia e Spagna. Nel Monte Arci troviamo, come detto, il deposito più rappresentativo ed in particolare i riferimenti maggiori sono presso il Comune di Pau, che ospita il più importante museo dell’ossidiana del Mediterraneo, mentre a Masullas, in regione Conca ‘e Cannas, è possibile ammirare il giacimento più importante in Sardegna e non solo.
Le produzioni litiche della roccia vetrosa, elemento di facile lavorazione, consentì all’uomo, non solo di prodursi le efficaci punte di freccia e lancia, per una caccia abbondante e variegata, ma anche degli utensili per la lavorazione delle pelli e dei legni, come i raschiatoti. I coltelli o lame per il taglio delle carni, ma non solo, perché dalla lavorazione delle pelli si ottenevano stringhe e legacci da utilizzare in altre funzioni. Così pure sono i bulini o gli aghi che consentivano di forare gli elementi della produzione, come le ceramiche, le pelli, ed i legni, migliorandone l’uso e le applicazioni.
Questo periodo viene caratterizzato dai due siti più rappresentativi: nel meridione troviamo il riparo sotto roccia di Su Carroppu di Sirri (Cagliari) e nel settentrione la grotta Filiestru, presso Mara (Sassari). In particolare, nei due siti si differenziano, per la loro forma e decoro, le produzioni ceramiche, che narrano delle nuove attività intraprese, oltre la caccia, il richiamo è forte all’agricoltura ed alla pastorizia.
A Su Carroppu, i reperti rinvenuti si accostano per vicinanza culturale agli insediamenti del Neolitico Antico noti in Francia e Spagna, sia per le forme come le ciottole o le olle, con piccole anse a maniglia, sia per la produzione litica in ossidiana e selce, con i microliti geometrici, cuspidi, grattatoi e lame. Interessante sono anche i rinvenimenti ossei, utilizzati, in particolare, per la produzione di punteruoli.
Le ceramiche della grotta Filiestru, oltre la decorazione cardiale, propongono forme aperte semplici e poco profonde, con anse a maniglia o prese a lingua in ciotole emisferiche, olle e vasi a fiasco. Particolari sono le decorazioni sulle superficie delle anse e sui fianchi sempre ad impressione ma con bande, triangoli e riquadri tratteggiati. Nel nostro sito settentrionale, oltre le ceramiche, sono state rinvenute delle macine, a testimonianza ulteriore dei nuovi processi produttivi legati all’agricoltura e pastorizia, confermata quest’ultima da resti ovicaprini.
A questo periodo, fanno riferimento anche i siti già noti della Grotta Verde di Alghero e la Grotta Cordeddu di Oliena, ma i ripari e le grotte di questa fase non sono di facile fruizione, ad eccezione della grotta Cordeddu, di cui se ne consiglia la visita. Così pure, per la ricchezza di reperti documentati, sono consigliati i musei di Cagliari, Sassari e quelli locali di Carbonia, Perfugas, Pau, Masullas, Nuoro e Dorgali.
In copertina le Grotte di San Giovanni a Domusnovas.